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UN ANNO DI NOI:
E così siamo qui. Ieri ho fatto il mio turno in ambulanza e mi è capitato di pensare a come sia nato in me il desiderio di indossare questa divisa.
Ho cominciato ad andare in ambulanza perchè volevo dimostrare a me stessa che valevo qualcosa, impegnandomi in qualcosa di importante e che facesse sentire utile. La spinta finale ad iscrivermi in associazione è stata il vedere correre via quelle divise arancioni che osservavo tra una consulenza e l’ altra in p.s.
In realtà questa pensata di andare a fare la matta ..ridere..in giro per la mia città, su un furgoncino bianco, mi era venuta a 24 anni, quando vidi un’ambulanza passare un incrocio in sirena, velocissima tra il traffico di una piovosa sera di Settembre. Correva l’anno 2002 circa,in quel di Roma.
Ora, in 1 anno di cose ne sono successe…di persone ne sono passate sotto i ponti della mia vita, sono all’alba di chissà quanti servizi in ambulanza, alcuni dei quali hanno riservato grandi emozioni.
Ho pensato alle motivazioni di un tempo, che sembravano momentaneamente deviate verso la sola competitività tra soccorritori e la riuscita personale. Ho ripensato all’obbiettivo nella persona assistita. Non è banale questa cosa, vi assicuro. Non è ovvio che chi vada in ambulanza abbia al centro dei suoi pensieri solo la persona che è in barella, e lasci dietro gli stupidi disaccordi che possono esserci in un gruppo?
HO ricordato il vecchio spirito, la vecchia emozione…quella che ti prende quando si accendono le sirene, quando esci in rosso con il soccorso avanzato…sai che devi arrivare subito, prima. Quella che ti prende quando l’ambulanza vola veloce sulle buche della strada, taglia gli incroci pretendendo strada e svincolandosi come una signorina elegante tra le macchine che intasano confuse la strada…l’adrenalina e l’irrequietudine nascosta che senti quando sai di andare su un traumatico stradale o su un medico acuto tipo “Uomo 60 anni cardiopatico con dolore toracico”…non ho ancora capito se sia una sensazione piacevole il fatto di essere utili in queste occasioni, perchè a volte non è per nulla emozionante andare verso un rosso…a volte te la fai solo sotto e basta. L’adrenalina è l’unica componente sicura di tutto.
La gente ci vede a volte un po’ come dei mezzi eroi, ma non credo che la maggior parte dei servizi d’ambulanza richieda questa caratteristica…alcuni si, come i parti in casa o in ambulanza, la gestione di un arresto cardiocircolatorio o di un servizio con bambini in questione.
Ho molti ricordi dei servizi d’ambulanza, alcuni mi hanno moralmente spezzato le gambe, da altri sono uscito degno e fiero di me. Credo sia normale. Ricordi di bambini in stati soporosi chissà per quali cause, che poi hanno ripreso a svegliarsi dolcemente e piangere.. , questi sono ricordi che quando ci ripensi e ripensi a quegli occhietti dolci e innocenti, spaventati dal dolore, da quelle persone arancioni e dalle sirene…beh gli occhi lucidi ti tornano, anche se quella volta in ambulanza pensavi a tutto tranne che a provare emozioni, che però si facevano largo prepotentemente a fine servizio. Soprattutto quando questo bambino ti chiedeva un abbraccio, che ovviamente non puoi dargli mentre è in spinale, ma cui rimedi con un bacio sulla fronte.
Questo è tutto quello che rimane, il nocciolo dell’andare in sirena in giro per questa matta città. Il resto, divise, sirene, lampeggianti, sono tutte cavolate. Tutto quello che rimane, sono i ricordi delle persone che sei riuscito ad aiutare, che fanno a pugni con quelli di chi non hai tirato fuori dal loro destino. Perchè come chiunque fa questo lavoro (che non è un volontariato, secondo me, ma un vero e proprio lavoro impegnativo al 100%) sa, nessun defibrillatore, adrenalina o atropina riprende un destino oramai segnato…ma di certo un buon soccorritore può far la differenza tra un destino che si compie nella solitudine di un asfalto provinciale e un destino, comunque segnato nel bene e nel male, che si compie tra le braccia di chi ha scelto di essere lì, tra dolori, speranze, sospiri, sorrisi strappati in circostanze incredibili. Perchè credo che solo così sappia vivere, chi si tuffa nell’emergenza…sia esso soccorritore, infermiere o medico.
..”E qualcosa allora rimane , tra le pagine chiare e le pagine scure…” come canta F.De Gregari….
E quando lo sconforto e lo scoraggiamento mi assalgono, quando questa vita sembra diventare troppo difficile, il contatto di queste persone, umili nelle loro divise arancioni, mi rinfranca…
La loro tranquillità. Il loro sorriso,la loro meditata fiducia, il loro quotidiano vissuto insegnamento
mi rinfrancano ed allora gioiosamente dedico a loro un umile GRAZIE per l’ aiuto che danno….

EHILA’ AMICI SOCCORRITORI , AUGURI….è il nostro primo anno insieme..

Paola


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